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Cacciati nel cuore della notte, come mai si era visto in precedenza: dobbiamo ammettere che la determinazione con cui l'America's Cup Race Management ha...

Ravenna – Cacciati nel cuore della notte, come mai si era visto in precedenza: dobbiamo ammettere che la determinazione con cui l’America’s Cup Race Management ha agito nei confronti di Venezia Challenge ci ha lasciato sorpresi. Non perché siamo dalla parte di chi “…è venuto meno ai suoi impegni e ha di conseguenza perso il diritto di continuare il suo cammino nella 34ma America’s Cup“, ci mancherebbe, ma perchè abbiamo sempre sottolineato la “fame” di sfidanti da parte del Defender, pronto ad aprire le porte a chiunque pur di trasmettere l’immagine di una Coppa America di successo.

E invece Iain Murray, vestiti i panni di un Dr. House cinico più che mai, ha dimostrato di non essere certo favorevole all’accanimento terapeutico. Meglio staccare la spina e risparmiare ulteriori sofferenze a un paziente che ha vissuto la sua breve esistenza all’insegna dell’autolesionismo. Un ramo secco, inutile, deleterio per l’immagine di chi l’ha seguito nel suo inabissarsi – ma chi glie’ha fatto fare a un circolo “storico” come il Canottieri Roggero di Lauria di Palermo? – e di un’America’s Cup intenta a “ristrutturare” una credibilità offuscata da troppi passi falsi, troppe incertezze.

Oltre a non avere il becco di un quattrino, cosa già di per sé censurabile per un team che ambisce ad essere tra gli sfidanti ufficiali di una delle edizioni più costose di sempre dell’America’s Cup, il sindacato di Carlo Magna non ha certo mancato di stupire per le mirabolanti uscite del suo deus ex machina.

Nel corso di una memorabile intervista rilasciata proprio a Zerogradinord.it, Magna sottolineava: “Io non sono velista, la mia socia non è velista, ma è un legale, il nostro CEO, il dottor Faravelli, ha lavorato a livello di auditing, quindi sa cos’è e come si gestisce un’azienda. Abbiamo voluto dare alla nostra società tre gambe – legal, marketing-communication e finance – che siano in grado di resistere all’onda d’urto di un impegno così gravoso. La quarta gamba, non meno importante, è Cesare Pasotti, l’uomo della Coppa, addetto ai lavori e per questo team manager. Poi, permettimi una precisazione, non c’è scritto da nessuna parte che si debba avere esperienza in campo velico per mettere insieme un team di Coppa America. In diversi ci hanno attaccato perchè il managemet di Venezia Challenge non ha un background velico, ma mi sembra l’atteggiamento di chi vede il bicchiere mezzo vuoto. Ben diverso sarebbe cercare di vedere cosa un avvocato, un uomo di marketing, uno di finanza e un esperto di grafica possono aggiungere alle competenze di Pasotti che, lasciato da solo in +39 Challenge, ha comunque portato avanti la sua Coppa tra mille difficoltà. Con noi sarà messo nelle condizioni di fare una campagna diversa. Potrà concentrarsi solo sulle sue mansioni, perchè affiancato da esperti qualificati“.

Almeno in parte Venezia Challange è stato di parola. Rispetto a +39 Challenge, infatti, qualcosa di diverso si è visto, se è vero che nel 2007 il team di cui faceva parte Cesare Pasotti arrivò almeno ad assaggiare il salmastro dell’acqua. Peccato solo che già allora si pensava di aver toccato il fondo, ma è proprio vero che non c’è limite al peggio, ed è imbarazzante osservare come certe figure le rimediamo sovente noi italiani.

E dire che Magna, pur mancando di esperienza specifica, le idee su come fare cassa le aveva ben chiare, o almeno così sembrava: “Oggi puoi fare il fund raising in modo alternativo, tanto per dire tramite sms, oppure garantendo, a fronte di un’iscrizione al “club”, che all’utente costa pochi Euro, alcuni vantaggi. Seguendo logiche del genere può anche essere che arrivi a raccogliere più di quanto ti serve perchè hai messo in moto un meccanismo virale che non sei più in grado di controllare: l’ingresso in un “club” a pagamento fa scatenare l’e-commerce che, a sua volta, scatena altro. Ci riteniamo più tranquilli rispetto ad altri team perchè, in tempi come quelli attuali, nei quali i contratti di sponsorizzazione da decine di milioni di Euro non ci sono più, essere meno dipendenti dal rapporto diretto con le imprese rende le nostre spalle più solide“.

Avessimo saputo che sarebbe finita così, un Euro avremmo trovato il modo di donarlo anche noi. O forse no, del resto non ci perdiamo una puntata del Dr. House.

P.S. Per leggere la posizione ufficiale di Venezia Challenge clicca qui.

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