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America’s Cup, nuovo Protocollo e solite polemiche America’s Cup, nuovo Protocollo e solite polemiche
Puntuali, ad accompagnare la pubblicazione del Protocollo della 35ma America's Cup, giungono le polemiche mosse dai battuti... America’s Cup, nuovo Protocollo e solite polemiche

America's Cup - San FranciscoSan Francisco – Puntuali, ad accompagnare la pubblicazione del Protocollo della 35ma America’s Cup, giungono le polemiche mosse dai battuti, da quelli che, loro malgrado, dovrebbero sapere che è utopia pura pretendere equilibrio e giustizia in un evento che equilibrato e giusto non lo è mai stato.

Ad argomentare contro il Protocollo è Grant Dalton, e ne abbiamo conoscenza grazie a un articolo del NZ Herald. Da Monaco, il deus ex machina di Team New Zealand è partito a tamburo battente sostenendo che la mancanza di una sede specifica – il Defender si è preso tempo sino a fine anno per annunciarla, ma le iscrizioni, al costo di 2 Milioni di Dollari, si chiuderanno l’8 agosto – creerà non pochi problemi nel fund rising dei team che non possono contare sulla cassa di un armatore multimilionario.

Il concetto espresso da Dalton è il seguente: “Senza una sede non si fa business e i team commerciali avranno grossi problemi. Gli sponsor non prenderanno una decisione definitiva fin tanto che non verrà chiarito dove si svolgeranno le fasi finali dell’America’s Cup. Fino ad allora sarà impossibile chiudere qualsiasi genere di accordo“.

Ricordiamo che, a oggi, le sedi papabili paiono essere San Francisco, San Diego, Bermuda e Chicago (venue alquanto sui generis quest’ultima, in quanto affacciata su un lago, il Michigan, grande come l’Adriatico ma pur sempre un lago).

A Dalton hanno risposto senza ritardi sia James Spithill che Russell Coutts. Skipper e CEO di Oracle Team USA hanno affidato i loro pensieri a Facebook e non ci sono certo andati leggeri.

Spithill ha ricordato che “...Dalton è un ottimo grinder, certo meglio di Winston Mcfarlane…” mentre Coutts ha parlato direttamente al suo connazionale spiegandogli che “…non c’è bisogno che continui a raccontarci quanto è difficile vincere l’America’s Cup. Sappiamo tutti che nel corso degli ultimi undici anni hai fatto del tuo meglio per riuscirci. Jimmy vuole vederti ancora una volta a bordo, quindi non mollare“.

Il quotidiano neozelandese, in un altro pezzo dedicato all’America’s Cup, sottolinea poi come la scelta di Defender e Challenge of Record di slegare la 35ma edizione dall’ISAF, operata secondo molti come rappresaglia contro la decisione di penalizzare Oracle Team USA e di squalificare per cinque anni il randista Dirk de Ridder in seguito all’AC45-gate, sia una potenziale bomba ad orologeria.

Infatti, sottolinea Paul Lewis nel suo testo, è anomalo che chi è stato scoperto a barare la volta scorsa si arroghi il diritto di scrivere e fare applicare le regole della nuova edizione. A ciò si aggiunge il fatto che la Federvela Internazionale potrebbe sanzionare la partecipazione di suoi tesserati a un evento non governato dall’ISAF con l’esclusione dai Giochi Olimpici. Certo, siamo nel campo delle ipotesi, ma è un’eventualità che è giusto considerare almeno fin tanto che l’ISAF stessa non prenderà una posizione in merito.

E’ interessante capire come la federazione presieduta da Carlo Croce intenda affrontare il problema: del resto Defender e Challenge of Record hanno mano libera nell’organizzare la prossima America’s Cup, ma immaginare l’evento simbolo del movimento velico totalmente slegato dall’ente preposto al governo dell’attività agonistica a livello globale, suona davvero strano.

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