Statistiche siti
A distanza di qualche giorno dall'impressionante successo elettorale, Carlo Croce ha parlato pubblicamente e lo ha fatto nel corso di un'intervista rilasciata al Secolo...

Federvela – Genova – A distanza di qualche giorno dall’impressionante successo elettorale, Carlo Croce ha parlato pubblicamente e lo ha fatto nel corso di un’intervista rilasciata al Secolo XIX.

Dal Secolo XIX
[singlepic=656,170,250,,left] “Una valanga che non mi aspettavo”: è lo stato delle cose, il risultato delle primarie. Carlo Croce candidato batte Sergio Gaibisso presidente tredici zone a una. Un plebiscito, una conta così stritolante da costringere l’alassino, comandante di lungocorso della FIV, ad un addio alle armi: il quinto mandato rimarrà un sogno, un confine non valicabile.
“Gaibisso ha fatto un gesto normale”: chi può giudicare il commento di Croce modestissimare sa di onori all’avversario sbaragliato forse ignora che, per presentarsi ad un turno elettorale anche da presidente in carica, è necessario avere il sostegno di almeno tre delle regioni in cui la federazione ha diviso la vela d’Italia. Il presidente uscente (e uscito) ha spuntato solo la Romagna dopo aver incassato sconfitta secchissima anche in Liguria: percentualmente e all’ingrosso, tre quarti delle società per Croce. E ora?
“E ora è semplice, non sono ancora presidente della Federazione: le forme vanno rispettate. Lo diventerò a dicembre, anche con un solo voto”.
Il 13 dicembre, allo Sheraton dell’aeroporto di Genova, inizia il secondo regno, il secondo papato dei Croce, dopo quello lunghissimo di suo padre, Beppe.
Ecco, esaminando casi come il suo, chi pratica la psicologia imparata su dispense settimanali, sostiene che il peso di un padre così può diventare insostenibile: presidente mondiale, presidente italiano, inventore della Giraglia, il nome stampato sull’Oscar della vela, sempre lo stesso nome imposto alla Scuola di Mare al porticciolo Duca degli Abruzzi. Nella vela Beppe Croce è come Vittoria, regina e imperatrice: si trova ovunque…
“Solo che io non l’ho mai sofferto, di lui ho un ricordo fantastico. Sempre stato semplicemente felice, girando il mondo, di sentir lodare quel che papà è riuscito a fare per la vela. Per la mia scelta, e di quel che è avvenuto in questi giorni, proverebbe contentezza”.

Il nome ha inciso?
“Ha avuto il suo peso: lo dice il numero di adesioni che ho raccolto. Non sto parlando dei grandi circoli tradizionali, storici, ma delle piccole società”.

È il mondo vasto a cui dovrà rivolgersi…
“Sulla carta il programma può apparire semplice: riproporre su vasta scala lo schema applicato qui allo Yacht Club Italiano: vela come momento formativo, vela delle classi olimpiche, vela dei match race, vela per i disabili”.

La vela a “n” dimensioni?
“Usando un’altra definizione, la cultura del mare, senza preclusioni, senza snobismi, per abbattere definitivamente i luoghi comuni eretti attorno al nostro mondo. È un percorso lungo, difficile e nessuno ha la bacchetta magica”.

Un problema di immagine?
“In questo senso la FIV ha un’immagine da rifare, una rotta virtuosa da tracciare: deve coinvolgere, più di quel che ha fatto in passato, il mondo della scuola, deve essere in grado di
dare un futuro al giovane che si è sacrificato e vuole uno sbocco professionale. Guardo a questo disegno, a questo magma, e penso che attivare questa siepe di componenti significa
far scattare una serie di molle, attirare i grandi sponsor, provocare attenzione. In Francia la vela va in prima pagina, in Italia in 22a”.

Se va bene…
“Ma la differenza tra la Francia e l’Italia non è solo scandita da un oceano in più per loro. Parlo di processi formativi, di decentralizzazione dell’attività, della struttura stessa. Ridare entusiasmo e chiudere in gabbia l’elefante burocratico può essere uno degli slogan”.

Slogan per il cambiamento, non per una campagna elettorale che non c’è stata. Oggi lei ha già in mano la situazione: i tesserati, le aspettative, le speranze.
“Rispondo con una domanda: quanti sono novantamila tesserati? Pochi per uno sport che significa una scelta di vita, che è ecologico, pulito, di alto profilo, e intendo anche quello etico”.

Una campagna per avvicinare la gente, non per affascinarla con l’evento mediatico?
“Anche l’evento mediatico può avere il suo peso. Dico una banalità: quanta gente si è avvicinata alla vela grazie alla Coppa America? Solo che l’anno scorso, con tre barche italiane a Valencia, di Federazione non c’era traccia. Progetti: in testa me ne frullano. Qualche giorno fa ho parlato con Giovanni Soldini: farà parte della squadra, ha idee, sa comunicare, ha per le mani un progetto, quello legato ai Class 40, che permette il massimo livello con costi limitati, possibili, anche in un mondo finanziariamente in tempesta”.

Lei parla di percorsi come i marinai parlano di rotte.
“Sono il futuro, la possibilità di crescita. Dia un’occhiata a quel che sta facendo la Royal Yachting Association, alle chance, alle prospettive che può offrire a un giovane che dice a se stesso: il mio mondo è là”.

Lei ha entusiasmo: non è una domanda…
“Ho a disposizione un mare vasto. La vela è storia, cultura, agonismo acceso, investimento, formazione, solidarietà”.

In questo senso lei ha fatto molto.
“L’avventura con Nave Italia, la lotta all’handicap fisico e mentale, è stata una dei momenti più coinvolgenti della mia vita. Non solo della mia. Ieri ho incontrato uno dei nostri marinai: ‘Fino a poco tempo fa ha detto non li vedevo, forse non li non volevo vedere. Ora la loro sorte riempie la mia vita’”.

Una sintesi?
“Ho bisogno di riordinare, di far sedimentare quel che sento dentro. Penso che l’Italia abbia velisti di livello superiore e che non raccolga a sufficienza; che la ricerca di un commissario tecnico, che sia anche manager, diventi uno degli obiettivi della mia rapida ricerca; che vorrei uno, due, tre volti per proporre un nuovo messaggio e non è detto debbano essere atleti, skipper, velisti famosi. Lei suggerisce Claudio Abbado, formatore, esploratore, amico dei giovani e trovo che sarebbe una scelta fantastica perché l’acqua, il mare sono sinfonici”.

Nell’atrio dello YCI la pala della Spina, il magnifico yacht degli Spinola, a ottant’anni riportato a nuova vita.
“Sembra un pezzo di nave vichinga” sussurra Croce. Al cancello non ha una limousine con autista che lo attenda ma il fidato motorino Honda, il mezzo migliore per fendere i flutti del traffico.

No comments so far.

Be first to leave comment below.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *