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Sono passati dieci anni da quando i media lanciarono una notizia che lasciò di sasso gli appassionati di vela di tutto il mondo: Sir...

Auckland – Sono passati dieci anni da quando i media lanciarono una notizia che lasciò di sasso gli appassionati di vela di tutto il mondo: Sir Peter Blake, leggenda dell’America’s Cup, era stato assassinato a bordo del suo Seamaster. A ucciderlo, il 6 dicembre del 2001 in Amazzonia, un gruppo di pirati che assaltarono la barca del velista neozelandese al termine di una spedizione durata due mesi e tesa a verificare i mutamenti del clima per conto delle Nazioni Unite.

Velista di fama internazionale, Blake era diventato famoso a livello globale nel 1995, quando aveva guidato Team New Zealand alla conquista della Coppa America in quel di San Diego. Un successo ottenuto nonostante il tardivo approccio al mondo della Coppa. La sua grande passione, infatti, non erano le regate sulle boe, ma le più avvincenti sfide oceaniche, come la Whitbread Round the World Race e il Trofeo Jules Verne, che conquistò a bordo del catamarano Enza (74 giorni 22 ore 17 minuti e 22 secondi).

Prima di dedicarsi alla Vecchia Brocca, Blake aveva preso parte a cinque edizioni del giro del mondo. La prima, come capo turno di Heats Condor, nel 1973, l’ultima, la più incredibile, nel 1989-90 come skipper di Steinlager 2, il ketch passato alla storia per aver vinto tutte e sei le tappe di quell’edizione e per aver conquistato il successo in tempo compensato.

Terminata quella fatica, Sir Peter Blake entrò a far parte del team neozelandese che nel 1992 sfidò gli statunitensi in ambito America’s Cup, ma quella prima esperienza si infranse contro Il Moro di Venezia nella finale della Louis Vuitton Cup. Deluso per l’esito della sfida, Blake tornò a casa e si rimise al lavoro, determinato a portare in Nuova Zelanda la Coppa delle Cento Ghinee.

Nel 1995, alla testa di un sindacato battezzato Team New Zealand e forte di un timoniere come Russell Coutts, Blake annientò la concorrenza superando il team di Dennis Conner con un cinque a zero che non ammetteva repliche.

Dopo cinque anni, nel 2000, il team guidato da Blake, ormai assurto al ruolo di leader sportivo di un’intera nazione, fu il primo non statunitense ad organizzare una difesa vincente in oltre centocinquanta anni di storia della manifestazione.

Dopo la sua scomparsa, il 23 ottobre 2002, Blake è stato insignito dell’Olympic Order, la più alta onorificenza assegnata dal Comitato Olimpico Internazionale.

Il talento neozelandese riposa nel cimitero di Warblington, vicino a Emsworth nel sud dell’Inghilterra, dove si trasferì a vivere con la moglie Pippa e i due figli. Nonostante la distanza dalla terra natale, la sua ultima dimora è meta di pellegrinaggio da parte di molti suoi connazionali, che non mancano di lasciare monete neozelandesi vicino alla sua lapide, sulla quale sono impresse le parole di una famosa poesia di John Masefield, Sea-Fever.

In Nuova Zelanda, Sir Peter Blake continua a essere celebrato. In questi giorni, ad Auckland, nel corso di una cerimonia commemorativa è stato annunciato che l’associazione Sir Peter Blake Trust, fondata nel dicembre 2003, assegnerà trenta borse di studio per una spedizione dedicata all’ambiente. La leggenda di Blake, è proprio il caso di dire, vive ancora.

E sempre in questi giorni, centinaia, se non migliaia di componenti la grande famiglia dell’America’s Cup si fermeranno, alzeranno un calice e brinderanno alla memoria di un grande velista, un leader ispirato e un uomo straordinario.

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