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Entrato in Coppa America nel lontano 2000 come aiuto prodiere di Luna Rossa e già responsabile dell'ala rigida di BMW Oracle Racing durante la...

Auckland – Entrato in Coppa America nel lontano 2000 come aiuto prodiere di Luna Rossa e già responsabile dell’ala rigida di BMW Oracle Racing durante la vittoriosa America’s Cup del 2010, Max Sirena è oggi skipper del team di Patrizio Bertelli. Dal momento della nomina, Sirena ha lavorato senza sosta nel tentativo di colmare il gap nei confronti dei team che hanno confermato la loro iscrizione alla 34ma Coppa America quasi un anno prima prima rispetto a Luna Rossa Challenge 2013.

D: A che punto è la sfida di Luna Rossa Challenge?
S: Siamo ancora nella fase iniziale della nostra campagna: abbiamo varato da poco l’AC72 ma non va dimenticato che Luna Rossa è partita un anno e mezzo dopo gli altri team. Nonostante ciò abbiamo già navigato con condizioni meteo diverse e, toccando ferro, la barca si sta comportando molto bene. E’ adesso che inizia il grosso del lavoro: nel corso dei prossimi quattro-cinque mesi, prima di trasferirci a San Francisco, ci dedicheremo allo sviluppo della barca e testeremo diverse soluzioni che contiamo possano aiutarci a cavare il meglio dal nostro AC72.

D: Ieri è stato il sesto giorno di navigazione sull’AC72. Cosa avete imparato fino ad oggi?
R: Tante cose, e continuiamo a impararne di nuove ogni giorno. Da ieri, ad esempio, abbiamo iniziato a concentrarci maggiormente sulle performance e sulla regolazione delle vele. Fino al giorno prima, invece, eravamo più attenti a valutare il comportamento della barca: è una parte dello sviluppo che non si concluderà mai, visto che con queste barche c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.

D: Credi che sarete pienamente competitivi per l’inizio della Louis Vuitton Cup?
R: Non lo si è mai abbastanza, questo è certo. Il nostro obiettivo è arrivare a San Francisco in buona forma, ma il vero traguardo è quello di controllare l’AC72 al punto di poterlo spingere al limite senza accontentarci di farlo semplicemente navigare.

D: Cosa ti ha colpito di più dell’AC72?
R: Dipende tutto dal range di vento con il quale ti trovi a navigare. Abbiamo veleggiato con oltre 20 nodi e il gioco è completamente differente: le velocità schizzano verso l’alto ogni istante. Oltre i 18 nodi d’aria si superano agevolmente i 35 nodi di velocità. Bisogna cambiare il modo di portare la barca: occorre essere più attenti e spingere meno. E’ una barca fantastica: emozionante e stressante allo stesso tempo.

D: Secondo alcuni gli AC72 sono più semplici degli AC45…
R: La differenza la si incontra quando si poggia. Con queste barche, utilizzando nel modo giusto i foil, riesci a restare sollevato e questo ti aiuta quando vuoi allontanarti dal vento. Non va però dimenticato che gli AC72, pur essendo per certi versi più semplici degli AC45, sono molto potenti e a fare la differenza è l’intensità della brezza.

D: Nei giorni scorsi un membro del vostro short team si è infortunato mentre stavate alando la barca. Avete cambiato qualcosa nelle procedure?
R: Abbiamo passato molto tempo pianificando al meglio le procedure di varo e alaggio. Il problema si crea quando hai l’ala appesa alla gru: il quel frangente è esposta agli elementi e non c’è granché che si possa fare per prevenire eventuali movimenti improvvisi. Si potrebbe pensare a un nuovo sistema di alare la wing, ma ci sarà sempre la possibilità che qualcosa non vada per il verso giusto. Tornando al nostro incidente, non è mai piacevole quando qualcuno del team resta infortunato. Fortunatamente Fred (ndr, Gastinet) è già tornato a casa dall’ospedale e da domani sarà nuovamente al lavoro. Mi preme sottolineare l’ottimo lavoro svolto dallo short team: a un giorno e mezzo dal sinistro eravamo nuovamente in acqua.

D: Eri con Luna Rossa già nel 2000. Cosa c’è di differente tra questo team e quello di allora?
R: La grande differenza è nello spirito e a indicare la via in tal senso è Patrizio Bertelli. Sono fortunato perché ho potuto scegliere ogni membro del team e nel farlo ho seguito l’obiettivo di non avere nessuna rock star. Con questo non sto dicendo che non abbiamo gente di talento: anzi, in ogni settore il team è pieno di atleti e tecnici talentuosi. Sto solo dicendo che ho voluto con me persone disponibili ad anteporre gli interessi del gruppo a quelli personali. Non è certo un mistero che questo sia un gioco di squadra e se la squadra vince è un bene per tutti.

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