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Interessante intervista realizzata da Fabio Pozzo, inviato de La Stampa, a Paul Cayard. A margine del Louis Vuitton Trophy Dubai, il CEO di Artemis...

[singlepic id=3514 w=320 h=213 float=left]America’s Cup – Dubai – Interessante intervista realizzata da Fabio Pozzo, inviato de La Stampa, a Paul Cayard. A margine del Louis Vuitton Trophy Dubai, il CEO di Artemis Racing, sfidante ufficiale alla 34ma America’s Cup, ha parlato proprio di Coppa America e del World Sailing Team Association, la ‘federazione’ di cui il velista statunitense è stato a lungo presidente.

“La World Sailing Team Association si scioglie – spiega Cayard a Pozzo – L’obiettivo ero quello di portare i team esclusi da 33ma Coppa America da un punto d’incertezza a uno di certezza. L’obiettivo è stato raggiunto. Con Russell Coutts abbiamo pensato a una lega dei professionisti anche in Coppa, ma la struttura dell’America’s Cup lo rende difficile. Meglio creare un nuvo circuito di Coppa e poi chi vuole entrare entra”.

FP: Che ne pensa della nuova formula per la Coppa America 2013?
PC: “Il progetto è di portare un pubblico molto più ampio alla Coppa. Questo, attraverso regate più facili da capire e più spettacolari. La scelta del catamarano con ala rigida va in questa direzione: è una barca più veloce, i percorsi delle regate saranno più corti e dunque i match race dureranno meno. I campi di regata saranno più vicini alla riva e dunque più facilmente visibili da terra. Insomma, tutto risponde all’idea di allargare interesse. Ora, questo il punto di vista di Oracle. E di chi condivide l’idea. Noi crediamo che l’imperativo della vela a questo livello è quello di guadagnare pubblico, per avere un ritorno anche economico. Andando avanti con vecchia formula un obiettivo come questo sarebbe stato difficile da centrare: meglio di Valencia non si poteva fare”.

FP: Un ritorno economico…
PC: “Bisogna creare interesse per la Coppa America perchè non solo Oracle e Team New Zealand, che hanno grande visibilità, abbiano un ritorno economico. Dev’esserci anche per i team più piccoli”.

FP: Non tutti sono però convinti della bontà dell’idea…
PC: “Finchè non si prova, ci sarà sempre chi non è convinto”.

FP: L’edizione 2013 della Coppa vedrà il ritorno della Louis Vuitton Cup. E si parla anche di una selezione per il defender americano. Lei che ne pensa?
PC: “Se si riesce a mantenere una continuità in certe cose è un bene”.

FP: Parliamo di budget: Russell Coutts e Vincenzo Onorato di Mascalzone Latino (Challenger of Record) dicono che basteranno 50 milioni di euro per fare la Coppa. E’ vero?
PC: “Si può fare con 50 milioni, ma sono sicuro che Oracle ne spenderà di più. Ma è anche vero che tutto è nuovo e che qualcuno può avere un’idea vincente che costa poco… Io comunque ho studiato bene la parte budget e 50 milioni sono pochi”.

FP: La finale a San Francisco: la danno certa al novantanve per cento…
PC: “San Francisco, al di là delle valutazioni personali, che naturalmente mi vedono favorevole visto che abito a San Diego, è una buona scelta. C’è vento tutto il giorno e dunque non si rischiano fastidiosi rinvii delle regate o peggio, flop. La baia è piccola ed è come uno stadio naturale. C’è il ponte famoso, una bellissima città, Silicon Valley e Napa Valley del vino. Ha tutto anche per costituire un interesse per gli sponsor e loro ospiti”.

FP: Ci sono studi economici che provano che la città di Frisco non avrà un ritorno dalla Coppa America, ma anzi una perdita. Si dice che molti dell’amministrazione cittadina non vogliono ospitare la Coppa.
PC: “Ho incontrato il sindaco di San Francisco di recente e mi ha detto che lui è interessato. Sono convinto che ci sarà un ritorno anche per la città. Magari non come è stato per Valencia, perché il circuito della Coppa, con gli eventi preparatori, sarà itinerante e i team non vi si fermeranno tre anni in un posto soltanto. Ma sarà un’opportunità per città: ci sarà ad esempio il recupero dei docks portuali, oggi parzialmente in disuso”.

FP: Quanti team prevede prenderanno parte alla prossima Coppa?
PC: “Il mio team, lo svedese Artemis è già iscritto, insieme con Oracle e Mascalzone Latino. I prossimi ad entrare saranno i russi di Synergy. Io spero in otto team veri. Ci stanno lavorando i coreani, i francesi, un secondo team inglese, i franco-tedeschi di All4One“.

FP: Molti team pensano che Oracle con l’ala rigida abbia troppo vantaggio.
PC: “Nel 2003 Alinghi ha vinto con stessa classe barche della precedente edizione. Oracle sicuramente con l’ala rigida ha più vantaggio perchè può contare su più anni di ricerca”.

FP: Torniamo ancora ai budget: secondo lei nel 2013 costerà di più partecipare rispetto al 2007 per un team?
PC: “Il costo Coppa non è diminuito”.

FP: C’è anche difficoltà a trovare sponsor, stante il momento economico.
“E’ difficile trovare sponsor per l’organizzazione. Lo è per i team andare a cercarli…”.

FP: I nuovi catamarani prevedono un equipaggio di giovani. Che ne pensa?
PC. “Penso che assisteremo a un ricambio generazionale. L’equipaggio sui catamarani sarà di giovani, perchè così lo richiedono queste barche: ci vogliono velisti agili e forti, con un peso medio di 95 chili. Salvo forse il timoniere e chi controlla ala rigida, ruoli in cui serve più esperienza che fisico. Sono convinto però che ci voleva questo ricambio. L’età media della Coppa America è cresciuta con noi, che abbiamo iniziato a farlo a vent’anni fa. In questo modo, sono rimasti fuori tanti giovani, perchè i posti erano occupati da quelli della mia generazione. Ora ci facciamo da parte: cambierà, ovvero si svecchierà almeno il sessanta per cento degli equipaggi. Non è bene per quelli della mia età, ma lo è per lo sport”.

FP: Sono previsti sei eventi preparatori alla Coppa nel 2011, otto nel 2012 (poi nell’estate 2013 la Louis Vuitton Cup e in autunno la Coppa America): pensa che ci sarà spazio anche per l’Italia?
PC: “So che ci sarà una presenza in Italia. Cagliari? No, non credo”

FP: Parliamo di Artemis, il suo team: c’è interesse in Svezia per la Coppa America?
PC: “Sì, gli svedesi hanno la vela nel sangue. A bordo abbiamo un solo svedese, ma se è per questo anche su Oracle c’è un solo americano…”.

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