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Che aria tira a Dubai? Certo non aria di rompete le righe, non ancora. Difficile da spiegare a parole. Avete presente le riunioni di...

Louis Vuitton Trophy – Dubai – Che aria tira a Dubai? Certo non aria di rompete le righe, non ancora. Difficile da spiegare a parole. Avete presente le riunioni di classe organizzate a distanza di qualche tempo dalla fine dell’ultimo anno di scuola? Tutti più adulti – o vecchi, a seconda dei casi – seduti negli stessi banchi, intenti a raccontarsi progetti passati, presenti e futuri. Immaginate una cosa del genere. I sorrisi sono gli stessi, gli atteggiamenti anche. Ci si rivede, con la consapevolezza che su quei banchi – per l’occasione travestiti da ACC – non si dovrà più chinare il capo. Il tempo ha fatto il suo corso.

La Coppa America ha un nuovo defender che ha deciso di puntare sui multiscafi, dei quali in molti avrebbero fatto volentieri a meno. Basta un giro sui principali siti specializzati per terminare i click con la sensazione che ad apprezzare l’aria di novità sia solo chi si iscrive all’evento: pochi, per ora. Si rassegnino i “flinstone” citati dall’editorialista di Sailing Magazine Chris Caswell: la storia la scrive chi vince, tocca adattarsi. O aspettare tempi migliori, come suggerisce Peter Gilmour.

Diretta conseguenza della “rivoluzione americana” è la pensione anticipata degli ACC. Protagonisti degli ultimi vent’anni di Coppa America, questi monoscafi dall’indiscutibile fascino, e dalle notevoli doti boliniere, ci avrebbero fatto divertire ancora per un po’, gestendo al meglio la “sede vacante” in attesa del debutto della futura classe. E invece, nessun onore delle armi. Solo la passerella griffata Louis Vuitton prima del possibile cambio di destinazione d’uso: dalla Coppa America alle sedute di team building, dal match race all’indeterminata sosta in cantiere.

Ma intanto, a Dubai l’aria sta cambiando direzione? Non fosse l’ultimo appuntamento con il Louis Vuitton Trophy verrebbe da dire che si annuncia aria di cambiamento. I sei team protagonisti della manifestazione si sono presentati alla spicciolata, quasi tutti con importanti avvicendamenti. L’unico fedele alla tradizione stagionale è Mascalzone Latino Audi Team, che, in attesa del possibile ingaggio di Francesco Bruni, in Medio Oriente ha portato i vari Gavin Brady, Morgan Larson, Flavio Favini e Alberto Barovier.

Proprio Bruni è protagonista di uno dei più inattesi cambi di casacca. Da Azzurra, assente a causa della chiusura dei rubinetti, a Synergy, dove rimpiazzerà l’epurato Karol Jablonski, grande protagonista della tappa andata in scena a La Maddalena. Per il talento palermitano ci saranno le chiamate di Rod Dawson e la consulenza dello stratega Hamish Pepper – e scusa se è poco – e di Tom Burnham, in arrivo anch’esso da Porto Cervo.

Movimenti e assenze illustri anche dalle parti di Artemis che, a pochi giorni dall’annuncio della sfida alla 34ma Coppa America, ha spedito a Miami una delegazione guidata da Terry Hutchinson ad allenarsi sugli Extreme 40. Una sessione estremamente proficua, almeno a giudicare dall’entusiasmo con il quale, il sempre sorridente Terry, ha scritto il suo report dalla Florida. Con il CEO Paul Cayard rintanato chissà dove, volti nuovi affollano il pozzetto svedese. Alla ruota sarà il turno di Cameron Appleton, mentre il ruolo della guida spetterà a Iain Percy, reduce dall’infelice esperienza targata Team Origin. Da queste parti gravitano anche il traveller Michele Ivaldi e l’ex Luna Rossa Romolo Ranieri. Un po’ di Italia anche a bordo di All4One. La triade Col-Schuemann-Cutler potrà contare su Carlo Castellano, nei ranghi sin dalla tappa di Nizza, e su Piero Romeo.

Poco si sa di chi comporrà l’equipaggio di BMW Oracle Racing, anche se lungo le banchine si sono visti i volti di sempre, a partire da James Spithill, lui si contento di difendere la Coppa in multiscafo, e del suo tattico John Kostecki. Obiettivo non dichiarato del team statunitense è quello di mettere un piede in finale. Dopo una lunga serie di prestazioni tra il pessimo (Nizza) e il così così è giunto il momento dell’ultima chiamata.

“Dulcis in fundo” i kiwi, non perchè ce li fossimo dimenticati, ma perchè fedeli all’adagio “squadra che vince non si cambia”.

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